Si conclude la 24° sessione del Consiglio dei Diritti Umani. Vecchie questioni e nuove sfide.

        La 24sima sessione del
Consiglio dei Diritti Umani, iniziata il 9 settembre scorso a Ginevra, volge al
termine. Per il Consiglio, il cui mandato è quello di promuovere il rispetto e
la protezione dei diritti umani in tutti gli Stati aderenti alle Nazioni Unite,
è tempo di tirare le somme e valutare i risultati raggiunti. 
È stata la sessione che ha
visto la Siria tristemente protagonista, con i milioni di civili costretti ad
allontanamenti di massa a causa di gravi violazioni del diritto umanitario, in
un momento critico per la storia degli equilibri internazionali. È stata la
sessione che ha ricordato, durante il dibattito generale su Israele e i
Territori Occupati, che nella Cisgiordania la vita continua a essere disumana
per i palestinesi. È stata la sessione di temi sempre “caldi”, come i diritti
dei bambini in situazioni di conflitti armati o quelli dei figli dei condannati
a morte, la situazione delle popolazioni indigene, la condizione delle donne e
le discriminazioni di genere, le forme di schiavitù moderna. È stata anche la
sessione dei dialoghi interattivi con lo Special Rapporteur sulla situazione
dei diritti umani in Cambogia e con gli Esperti Indipendenti per la Somalia e
per il Sudan.
La Cambogia, in bilico tra
i primi passi mossi verso la democrazia e le continue limitazioni delle libertà
fondamentali da parte del Governo di Phnom Penh. La Somalia e i suoi tentativi
verso una parvenza di normalità tramite l’attuazione di una road map post-transizione, anche se
terribili violazioni persistono e la strada per radicare i diritti umani nel
Paese è ancora lunga. Mentre l’infinita tragedia umanitaria in Sudan e le
violazioni dei diritti umani in Darfur parlano da sé.

Il
27 settembre, data della conclusione dell’attuale sessione del Consiglio, la
Sala XX di Palais des Nations è gremita. Presenti Ambasciatori e delegazioni degli Stati membri e osservatori, ma anche tanti rappresentanti delle ONG. Dopo che il
Presidente del Consiglio Hecnzel dichiara aperta la seduta, si prosegue con lo
svolgimento dell’Item 3, Item 5 e Item 9, 
per cui vengono circoscritti gli estremi di tutte le proposte fatte, si
definiscono le co-sponsorship e si procede alle votazioni per l’adozione o il
rifiuto delle risoluzioni e dei relativi emendamenti. Fino a terminare con
l’Item 1 e le procedure relative alla conclusione del Consiglio.
Il
Consiglio rappresenta un’occasione per un’attenta analisi e una riflessione
critica sull’attuazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
che nel 1948 proclamava “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i
membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili” come
“fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. Un
documento che definisce il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani
come “atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità.” Un documento
ancora amaramente attuale, nel suo mancato rispetto in troppe occasioni della
Storia contemporanea.
Da questa 24sima sessione è
emerso un impegno concreto, da parte dei Governi e dell’intera società civile,
per la promozione della democrazia e dello stato di diritto, che si esplica
soprattutto attraverso la volontà di un’efficace azione comune. Nella sala XX
ci si confronta, si vive la tensione della discussione, l’apprensione per le
decisioni, l’impegno per la difesa delle proprie posizioni. Ma è anche un luogo
d’incontro. È questo, in fondo, il “miracolo” del Consiglio. Come una grande
carta geografica che si stende sotto l’egida delle Nazioni Unite: uomini e
donne che rappresentano ciascuno il proprio
Stato,
con la sua linea politica, le sue storiche tendenze e l’orientamento dei propri
valori. Rappresentano il mondo, col suo gioco di alleanze e di inimicizie. Ma
riuniti nel Consiglio, hanno anche l’occasione di scoprirsi come persone, come
individui impegnati nello sviluppo di un mondo fatto di uomini e non solo di
politica, legislazione e burocrazia, per dimostrare che un dialogo è possibile.
Nella
sala XX, ancora una volta, hanno risuonato quelle voci che altrimenti sarebbero
rimaste inascoltate, quelle di individui che pensano liberamente e che si
rifiutano di rimanere in silenzio. Perché la strada verso un radicamento dei
diritti umani nelle società del mondo è ancora lunga. Discriminazione,
intolleranza, ingiustizia, oppressione e schiavitù sono ancora all’ordine del
giorno per tante popolazioni del mondo, costrette a subire abusi di vario
genere, in Paesi dove la legge naturale continua a essere calpestata dalle
forze al potere.  
 “Dove cominciano dopotutto i diritti umani
universali?”, chiedeva al mondo Eleanor Roosevelt. Forse non abbiamo mai
pensato di definirli, perché diamo per scontato che essi ci appartengano.  Sono quei diritti che ci spettano per il
semplice fatto di essere uomini, quelli che dovrebbero essere imprescindibili
e valere e per ognuno, dovunque. È triste, purtroppo, dover ancora usare il
condizionale.
Sempre
attuale il monito di Ban Ki Moon, Segretario delle Nazioni Unite, in occasione
dell’apertura della quarta sessione del Consiglio, nel Marzo 2007: “Tutte
le vittime di violazioni dei diritti umani dovrebbero guardare al Consiglio
come a un forum e trampolino di lancio per l’azione.” E magari nel Marzo
2014, data della prossima sessione del Consiglio a Ginevra, nuove storie sui
progressi compiuti in favore del riconoscimento dei diritti dell’uomo potranno
essere raccontate e ascoltate, a dimostrazione che i diritti umani non sono una
lezione di storia o inchiostro sulla carta, ma responsabilità che tutti gli
uomini condividono, nella ricerca di un’uguaglianza di giustizia, di
opportunità e di dignità senza discriminazioni.