Prendi il tuo mattone…e credici! – Discorsi di Pace

Quando sono due Premi Nobel come Martti Ahtisaari e
José Ramos-Horta a raccontare la loro pluriennale esperienza e la loro lotta
appassionata, il desiderio di Pace profuma di Speranza, perché si percepisce
che non sono solo parole.
Quale location migliore della Sala XX, “Sala dei
Diritti Umani e dell’Alleanza tra le Civiltà”, per ospitare un dialogo di Pace?
Si è tenuta a Palais des Nations, mercoledì 13 novembre, la Conferenza dal
titolo “Complessità del Peacemaking: la Storia mai raccontata”. Ancora a
Ginevra, consacratasi – negli ultimi mesi per l’ennesima volta – capitale del
dialogo e della mediazione, teatro di negoziati e di conciliazione.  Due personalità a confronto, due carismi per uno
scambio. Uno, uomo del nord, di una compostezza quasi gelida. Un discorso
scritto e un aplomb tipicamente
finlandese. L’altro, cuore di Sud, appassionato e vivace. Parla a braccio e
intrattiene con battute e ironia, mentre tutta la sala si libera in una risata
inaspettata.

Martti Ahtisaari, presidente della Finlandia dal
1994 al 2000, fu insignito del Premio Nobel per la Pace nel 2008, “per i
suoi importanti sforzi, in diversi continenti e per più di tre decenni, per
risolvere i conflitti internazionali”. 
Dopo il suo fondamentale apporto quando la Namibia ottenne
l’indipendenza nel 1989-90, fu mediatore in Kosovo nel 1999 e nel 2005-07,
contribuendo anche a portare a termine, nel 2005, il lungo conflitto nella
provincia di Aceh, in Indonesia.
Premio Nobel per la Pace 1996, invece, José
Ramos-Horta fu presidente di Timor Leste, leader della resistenza durante
l’occupazione del suo paese da parte dell’Indonesia e Rappresentante speciale
del Segretario Generale per la Guinea Bissau.
“I conflitti sono
radicati nella povertà, nell’ineguaglianza, ma la crescita economica, da sola,
non è la soluzione”, dice Ahtisaari. Uomo tutto d’un pezzo, mentre Michael
Møller, vice-direttore generale dell’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, lo
riempie di complimenti, elencando il suo glorioso passato di peacemaker, lui,
risoluto e asciutto: “Sono troppo vecchio perché arrossisca”. E intanto lancia un
invito a tutti gli uomini, affinché siano architetti del proprio futuro.
Tra una battuta e
l’altra, Ramos-Horta quota dal suo ultimo discorso a Timor Leste, quando
terminò il mandato alla presidenza: “Mai cercare di umiliare il proprio
avversario. È necessario sanguinare insieme. Per risorgere”. “L’umiltà deve essere la più grande qualità di un
leader,
perché l’arroganza è nemica della pace”, dice, mentre ci confida che, per lui,
il più grande visionario è colui che
incoraggia e favorisce il rispetto della Diversità, che non è debolezza per uno
Stato, ma enorme ricchezza. Entrambi sono d’accordo
nell’affermare che serve riconciliazione, in un dialogo aperto tra Storie in
conflitto. Il mondo guarda a loro come due “eroi” moderni, che invece non hanno
fatto altro che comportarsi da uomini.
Tutto questo ci porta a una riflessione, che
diventa non solo dovere di cronaca, ma soprattutto diritto di uomini. La Guerra viene dall’odio. E genera odio. E si ripropongono, davanti agli occhi, scene di
ordinaria follia: l’inferno Siria, gli strascichi della Seconda Intifada, le
violenze della Primavera Araba, l’occupazione Israeliana delle siriane Alture
del Gholan, gli Hezbollah in Libano, la povertà feroce in Chiapas (premio di
guerra), la guerriglia delle FARC, i bambini soldato e l’eredità degli orrori
ai confini tra Sierra Leone e Liberia, la polveriera Iraq, la guerra
dimenticata in Congo, il conflitto infinito in Darfur. I venti di guerra che
soffiano forte. Una guerra che ha cambiato aspetto e connotazione nel tempo. È
quella del nemico invisibile, delle armi chimiche, dei “guerrieri martiri”,
delle bombe come pioggia.
Oggi, parlare di Pace e impegnarsi a posare il proprio
mattone per costruirla, aiuta a sentirsi un po’ più uomini.