Aung San Suu Kyi e il Myanmar – La battaglia infinita di una leader ed un paese soffocato da violenza e oppressione per la democrazia e la pace

Il Myanmar, antico
Burma, ha una lunga storia di occupazione e lotta per l´indipendenza, la
democrazia e l´autodeterminazione. Nel 19esimo e 20esimo secolo,
i britannici e i giapponesi occuparono il suo territorio. Finalmente, nel 1962,
il paese raggiunse l´indipendenza ma questo passo non fu tanto positivo come
sperato: con un colpo di stato i militari presero il controllo del paese e
sotto lo slogan “La via burmese al socialismo” trasformarono il Myanmar in uno stato a partito
unico, dove la libertá di espressione e di associazione erano fortemente
represse e i diritti umani venivano costantemente violati.
Durante questo
lungo periodo di oppressione e violenza, il mondo conobbe la situazione del
Myanmar soprattutto attraverso la storia di Aung San Suu Kyi, la leader del
partito di opposizione della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD). Questa
donna di una forza straordinaria e di una fede infinita nella libertá e i
diritti umani, ha dedicato quasi trent´anni della sua vita guidando la
popolazione burmana nella sua lotta per la pace e la democrazia in Myanmar. Non
ha abbandonato la lotta nemmeno quando si è trovata davanti alla dura scelta
tra la famiglia e il suo paese. Nonostante una grande sofferenza interiore ha
riscelto sempre di continuare a lottare per e con il Myanmar.
Nel 1991, Aung
Sang Suu Sky è stata insignita del premio Nobel per la Pace, come simbolo del
supporto della Comunitá Internazionale per il suo lavoro e la lotta del popolo
del Myanmar. Tuttavia, né questo importante premio né le sanzioni imposte
dall´America e l´Europa negli anni passati hanno potuto fermare la violenza,
l´oppressione e la perdita di vite umane in Myanmar. Ogni tentativo di
dimostrare e dar voce alla pace e la democrazia è stato sempre soppresso con
indicibile violenza dalle forze militari causando migliaia di morti, feriti ed
arresti arbitrari.
Negli ultimi
cinque anni, dopo le elezioni del 2010 e il 2012, il Myanmar ha iniziato un
nuovo cammino sotto la guida del Primo Ministro Thein Sein che ha permesso
alcuni cambi “democratici”. Qualche centinaio di prigionieri politici sono
stati liberati, l´NLD e Aung San Suu Sky hanno potuto partecipare al nuovo
Parlamento e una parte della censura giornalistica è stata rimossa. Nonostante
ció, il potere militare non è stato ridotto e non è stata introdotta nessun garanzia per la
protezione dei diritti umani. È rimasto quindi molto lavoro da fare per
raggiungere una vera democrazia mentre la violenza politica ed etnica continua a
dividere il paese causando morte tra la popolazione. Fino ad oggi il Myanmar
non è un paese libero.
Le nuove elezioni e la speranza di un cambio
Il 2015 é un anno
special per il Myanmar; dopo piú di due secoli di occupazione straniera e
militare, la popolazione potrá finalmente partecipare ad elezioni
“democratiche” o usando le parole di Aung San Suu Kyi:
“Per la prima volta dopo decadi,
il nostro popolo avrá la possibilitá effettiva di portare avanti un cambio
vero.[…]Noi speriamo che tutto il mondo capisca quanto siano importanti per noi
elezioni libere ed eque ed assicurare che i risultati delle lezioni vengano
rispettati da tutte le parti interessate.”
Le nuove elezioni
rappresentano una grande fonte di speranza per la popolazione e sono viste
dalla Comunitá Internazionale come un passo fondamentale verso una democrazia
vera. Tuttavia, il periodo pre-elezioni e le condizioni per il voto sono
tutt´altro che pacifiche e promettenti.
Nel maggio del
2015, la polizia ha nuovamente represso una manifestazione di studenti,
conclusasi con piú di 100 nuovi arresti; ad agosto, il presidente Shwe Mann è
stato rimosso da capo del Partito dell´Unione, la Solidarietá e lo Sviluppo
(USDP), il partito militare in carica. Apparentemente, le forze piú
conservative all´interno della giunta militare consideravano la sua apertura
verso il leader dell´opposizione Aung San Suu Sky pericolosa. Nello stesso
mese, la commissione elettorale del paese ha annunciato il divieto per i
candidati e i partiti politici di criticare i militari durante i discorsi di campagna elettorale.
Inoltre, una ricerca sulla copertura mediatica durante il mese di settembre
2015 ha rivelato che solo le emittenti straniere forniscono una pluralitá di
punti di vista e informazioni riguardanti candidati e temi politici elettorali.
Rispetto alla stampa, tutti i giornali controllati dallo stato supportano il
governo, mentre solo i giornali
privati supportano l´NLD.
Un altro motivo
di preoccupazione sono le liste degli elettori che includono persone morte, nomi
incorretti di elettori e omission di persone. Secondo alcune stime, quasi 10
milioni di persone potrebbero essere incapaci di votare come conseguenza di una
negazione forzata o indiretta del loro diritto, per esempio dovuta alla
mancanza di seggi elettorali o alla presenza di liste elettorali sbagiate. Le
principali vittime di questa negazione del diritto di voto sono i musulmani Rohingya,
la comunitá etnica piú discriminata del paese. Basandosi sul fatto che la
maggioranza di loro non possiede la cittadinanza, il governo no gli permette ne
di votare ne di candidarsi per le elezioni. In aggiunta a tutto questo, durante
tutto il periodo di campagna elettorale molte persone sono state arrestate,
minacciate o assalite dalle forze dell´ordine.
In aggiunta a
tutta questa ingiustizia e violenza, il problema piú grande di queste elezioni
rimane il fatto che si svolgeranno sotto il tetto della costituzione del 2008,
che è stat disegnata dai militari per assicurare il loro poter nascosto dietro
il velo di una finta democrazia. Ecco i punti critici piú importanti della costituzione:
1)     
 Indipendentemente dai risultati delle
elezioni, la costituzione riserva il 25% dei seggi in Parlamento ai militari.
Quindi, l´NLD deve vincere il doppio dei seggi rispetto ai militari per
assicurarsi la maggioranza.
2)     
I
militari hanno diritto di veto su ogni riforma costituzionale democratica,
assicurando la cosidetta “democrazia disciplinata genuina” e possono riprendere
il diretto controllo del governo sulla base di ragioni poco specificate
riguardanti la “sicurezza e l´unitá nazionale”.
3)     
Il
militari non sono ne sotto il controllo del governo ne del parlamento, ma hanno
il controllo assoluto di molte aree e ministeri importanti come il Ministero
degli Affari Interni e di Frontiera.
4)     
Aung
San Suu Sky non puó diventare Presidente a causa di una clausola nel testo
costituzionale che proibisce a persone con fligli di nazionalitá straniera di
ricorpire questa carica. Un´altra clausola stabilisce inoltre che il Presidente
debba avere una “buona dimestichezza” con le questioni militari senza però entrare
nello sepcifico, lasciando cosí ulteriori posibilitá di discriminazione.
5)     
Il
Presidente e il governo sono indipendenti e non rispondono al Parlamento per la
maggior parte delle loro politiche e azioni intraprese.
6)     
Al di
sopra del Parlamento e del governo si trova il Consiglio di Difesa e Sicurezza
Nazionale (NDSC) con undici membri, sei dei quali vengono scelti dai militari.
Tenendo in
considerazione tutto ció, le nuove elezioni rappresentano una grande sfida per Aung
San Suu Sky, l´NLD e la popolazione del Myanmar. Quello di cui c´è bisogno di
fronte a tutti gli ostacoli presenti, è un´opposizione unita; ma anche questo
sembra mancare. Pratiche scorrette durante la campagna elettorale,
l´istrumentalizzazione del nazionalismo buddista usato contro la comunitá
musulmana con il supporto del governo, l´esclusione di rappresentanti di spicco
dalle liste del NLD e l´incapacitá del partito di prendere posizione all´interno
del conflitto etnico proponendo soluzioni alternative e tolleranti, hanno
causato un aumento dello scontento e della divisione tra la popolazione. Le
persone dei vari gruppi etnici, non sentendosi rappresentate dall´NLD, sono piú
propense a votare per i loro partiti minoritari, minacciando cosí ancor piú il
raggiungimento di una maggiornanza in Parlamento. 93 partiti si presenteranno
alle elezioni rispecchiando la diversitá etnica e la divisione interna del
paese.
L´8 novembre è un
giorno cruciale ed è compito sia della popolazione del Myanmar e che della
Comunità Internazionale farlo diventare una data storica. Al di lá
dell´oppressione e le difficoltá, questo giorno da agli elettori la possibilitá
di scegliere il loro futuro inviando un messaggio al loro governo e i loro
compatrioti. Anche se è impossibile che le elezioni trasformino il Myanmar in
un paese democratico, restano comunque una possibilitá per le persone di far
sentire la loro voce e trasmettere la loro volontá, una volontá troppo spesso e
in molti casi tutt´ora soppressa. Non si arriverá al compimento della democrazia, ma si potrebbe arrivare ad una transizione, un passo nella giusta
direzione.
La Comunitá
Internazionale ricopre un ruolo cruciale in questo processo. Durante le
elezioni ci saranno piú di 10.000 osservatori nazionali e internazionali e
circa 300 giornalisti stranieri accreditati. Tenendo conto di tutte le
difficolta e violazioni, il loro obiettivo principale deve essere quello di
assicurare che i risultati siano il piú trasparente possibile e che non solo il
governo del Myanmar, ma anche il mondo ascoltino e prendano coscienza della
voce della popolazione del Myanmar. Il popolo del Myanmar deve sentire il
nostro appoggio per essere piú fiducioso nell´affrontare il suo governo; e il
governo deve sentire la nostra pressione per riconoscere la volontá delle sue
persone e non ripetere l´errore del 1990, quando i risultati elettorali vennero
completamente ignorati.
Facciamo ció che
ci ha chiesto Aung San Suu Sky, mostriamo la nostra solidarietá e il nostro
impegno per la demcrazia, i diritti umani e la pace affinché l´unione e non la
divisione, la pace e non la violenza, la democrazia e non la repressione
possano prevalere in Myanmar. Impegnamoci affinché l´8 novembre 2015 diventi una
data storica, l´inizio di un nuovo cammino di transizione in questo paese
diverso e meraviglioso chiamato Myanmar.