Discorso di apertura della 33° Sessione del Consiglio dei Diritti Umani

Il 13 settembre 2016 l’Ufficio ha
partecipato al discorso d’apertura della 33° Sessione del Consiglio dei Diritti
Umani che, Zeid Ra’annuncio Al Hussein, Alto Commissario delle Nazioni Unite
per i Diritti Umani ha letto di fronte a tutti i rappresentanti degli Stati
Membri e della Società Civile reunite.
Il discorso è cominciato con una denuncia
grave che Al Hussein ha voluto condividere dopo due anni come Alto Commissario:
il crescente rifiuto da parte di un numero crescente di Stati membri di
concedere all’Ato Commissariato, o ai meccanismi dei diritti umani  quando questo è richiesto in modo esplicito o
anche in altri casi quando la OHCHR vuole impegnarsi con loro.

Egli ha ricordato la complessità delle
decisioni iniziali che hanno portato alla nascita di questa organizzazione e
che tutto il quadro dei diritti umani era stato il prodotto di una catastrofe
ed è stato creato dalla più acuta e più profonda necessità. Egli ha aggiunto
che anche oggi, il cambiamento climatico e l’Agenda SDG sono ancorati,
profondamente,  dalla forte convinzione
che solo lavorando insieme possiamo risolvere i nostri problemi comuni. Non ci
sono alternative, nessuna altra scelta 
offre alcuna speranza; dobbiamo rimanere impegnati in una azione
collettiva.
Egli ha dichiarato che in alcuni i casi il
Consiglio ha conseguito importanti successi in questi ultimi anni ma ha inoltre
espresso preoccupazione per la crescente polarizzazione interna, nonché una
preoccupazione per quanto riguarda tentativi crescenti da parte di alcuni
membri di bloccare o di evadere il controllo sui diritti umani.
L’Alto Commissario ha ribadito che un
intervento è coercitivo per natura ed è ovvio che  l’Alto Commissariato non ha alcun potere
costrittivo. L’accesso è possibile solo quando lo Stato ci estende un invito,
un’azione che è necessaria al fine di stabilire un punto di vista neutrale
circa i fatti sul terreno.
In caso contrario, l’Alto Commissario ha
condiviso questo pensiero: gli sforzi di rifiutare il controllo legittimo
sollevano la domanda più ovvia che è appunto che cosa volete nascondere? In più,
un accesso ritardato è considerato un accesso negato. E non è un pretesto
legittimo per negare l’accesso il fatto che il personale dovrebbe entrare in
zone considerate insicure perché essi hanno fatto questo molte volte.
Poi ha cominciato ad elencare gli Stati
membri che hanno rifiutato l’accesso all’Alto Commissariato, per esempio la
Siria che non ha concesso alcun accesso all’Alto Commissariato e alla
Commissione di inchiesta da quando è iniziata la crisi nel 2011; o del
Venezuela che ha rifiutato anche il rilascio del visto per il rappresentante
regionale; ha espresso inoltre una grave preoccupazione per i diritti delle
persone che vivono nel sud-est della Turchia dopo la ricezione dei rapporti
sulle violazioni del diritto internazionale, tra cui la morte di civili, le
esecuzioni extragiudiziali e massicci spostamenti. L’accesso non è stata
inoltre concesso in questa zona.
Il giorno successivo al Discorso
d’apertura dell’Alto Commissario, durante il general debate, il Sig. Mehmet
Ferdeui Carikci ha espresso disaccordo sulla valutazione dell’Alto commissario
sulla situazione in Turchia. Per quanto riguarda la Siria, il sig. Hussam Edin
Aali definito il discorso dell’Alto Commissario come non obiettivo nel fornire
informazioni riflettendo di aver assunto quasi un “ruolo” tipico di
alcuni paesi per ragioni politiche e andate al di là del mandato e anche che
l’Alto Commissariato dovrebbe rimanere indipendente. Ha anche parlato di
programmi di propaganda contro la Siria definendo questa come politicizzazione
che indebolisce il Consiglio dei Diritti Umani.
Egli ha condiviso pubblicamente la
richiesta inviata a India e Pakistan per invitare il team dell’Alto
Commissariato per visitare entrambi i lati della linea di controllo, nonché una
richiesta di accesso a Mozambico e Gambia, Crimea, Abkhazia, Ossezia
Meridionale e Nagorno-Karabakh, Nepal, Uzbekistan, Tbilisi in Armenia,
Repubblica Dominicana, Seoul (Corea) e la Repubblica Islamica di Iran. L’Alto
Commissario ha suggerito che un accesso diretto alla Cina permetterebbe una
migliore valutazione della situazione in termini di riduzione della povertà.
Nei confronti degli Stati Uniti, l’Alto
Commissario ha espresso la sua delusione per il fallimento del Goverrno ad
accettare l’invio di un Special Rapporteur nel centro di detenzione della baia
di Guantanamo giudicando le tattiche evasive delle autorità statunitensi
rispetto alle richieste internazionali dei diritti umani come profondamente
deplorevoli.
L’Alto Commissario ha citato anche la
Bielorussia, Eritrea, Repubblica democratica di Corea, Repubblica Islamica di
Iran e Siria come esempi di non cooperazione con il paese di mandati specifici
delle procedure particolari; egli ha espresso preoccupazione per la situazione
dei difensori dei diritti umani in Bahrain e ha sottolineato la necessità di
assicurare garanzie fornite da un processo dovuto per il popolo delle Filippine
e un imparziale e ampia inchiesta internazionale corpo indipendente sulle
esecuzioni extragiudiziali.
Per quanto riguarda le Filippine la
signora Cecilia B. Rebong ha spiegato che la situazione nel paese è stata
aggravata da una situazione di pandemia sul problema droga per i giovani e la
società, correlata con la criminalità. Ha aggiunto che la situazione necessita
di essere affrontata con tenacia ma ha negato che il Presidente delle Filippine
abbia incoraggiato le forze di polizia a sparare per uccidere qualsiasi persona
sospettata di crimini di droga.

L’Alto Commissario ha concluso con la
speranza per il Consiglio di mantenere la propria credibilità e sviluppare
ulteriormente le azioni coerenti da per difendere il valore di tutti i diritti
umani in tutte le società.