Wallstrom fa suonare il campanello dall’allarme sulle violenze sessuali nei conflitti

New York, 11 Novembre 2010

In un report presentato alle Nazioni Unite, a nome di tutte le vittime di violenze sessuali durante i conflitti, l’Inviata Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Margot Wallström, definisce gli abusi sessuali come un’ “arma da guerra”. Ricorda che lo scenario più terribile di tali violenze è l’Africa subsariana, ma cita anche i casi di Bosnia Erzegovina, Nepal, Timor-Leste, Mianmar, Sudan e Colombia.
Al giorno d’oggi la natura dei conflitti è cambiata, sebbene gli abusi sessuali siano un fenomeno storico, i civili ne sono le maggiori vittime e tra questi sfortunatamente le donne e i bambini risultano essere i più colpiti. La violenza sessuale è impiegata come una startegia di guerra.

Il caso più grave di abusi sessuali si è verifcato nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), con oltre 300 vittime; l’Inviata Speciale ricorda le violenze di massa perpetuate tra il 30 Luglio e il 2 Agosto 2010 nella regione Walikale ad est della RDC. La Wallström crede fermamente che sia necessario chiarire come sia possibile che i caschi blu dispiegati sul campo non abbiano considerato i “campanelli d’allarme” e non si siano resi conto di ciò che stava realmente accadendo nella zona. Dopo il disastro, si avverte il bisogno di una maggiore comunicazione tra le forze di sicurezza, i villaggi e le comunità, oltre che la necessità di un’assistenza psicologica alle vittime, una forma di aiuto pressoché totalmente ignorata fino ad ora.
Margot Wallström crede che una delle priorità adesso sia quella di identificare i responsabili delle violenze e punirli; l’arresto al riguardo di Mayele, uno dei membri del gruppo armato Maï Maï Cheka, nella regione del Walikale nel Nord-Kivu, sembra essere un segnale positivo in questa direzione.
Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha adottato quattro risoluzioni sul coinvolgimento delle donne nelle azioni per la pace e la sicurezza. Tra queste, la risoluzione 1899 (2009) è la più recente e riprende i concetti fondamentali già espressi nella risoluzione 1325 (2000), che sostiene la partecipazione delle donne nella promozione e il mantenimento della pace e della sicurezza, nella negoziazione della pace, e nelle operazioni di mantenimento della pace, negli aiuti umanitari e la ricostruzione dopo i conflitti. Le risoluzioni 1820 (2008) e 1888 (2009) trattano essenzialmente della prevenzione e della repressione delle violenze sessuali nei conflitti.
Rifacendosi alla già citata risoluzione 1325, che riconosce il ruolo centrale delle donne nei processi istituzionali per il ristabilimento della pace, l’Inviata Speciale denuncia la mancanza di volontà politica nel voler mettere in pratica tali prerogative azioni sul campo.
L’applicazione di queste risoluzioni richiede coraggio politico. “Penso che sia arrivato il momento di riconoscere che non è possibile nominare un team o una delegazione per negoziare la pace senza che vi siano delle donne tra i loro membri. Ancora troppo numerosi sono i negoziati di pace condotti senza la presenza delle donne. Ciò dovrebbe essere vietato. Non si possono negoziare trattati di pace senza che vi siano delle donne intorno al tavolo”, insiste la Signora Wallström.
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