The Dream of Peace: la visione di un artista

Non hai paura di essere ridicolo con questo tuo continuo parlare di pace? – Oh sì, ma cos’è ridicolo? Io, nel credere in una sorta di nascente alba per la razza umana, o quelli le cui sicurezze sono ingoiate dalle nascenti tenebre?

 
Nella cosiddetta “Sala norvegese” (bianca e interamente dedicata al quadro-sogno) della biblioteca del Palais des Nations si è celebrata la giornata internazionale della pace lo scorso 21 settembre partendo da domande e storie diverse: può l’arte fare la differenza quando c’è un conflitto? Ha senso dedicare la propria vita alla lotta per la pace? Sørensen avrebbe senza dubbio risposto di sì.
Raccontare la pace non è semplice, perché c’è il pericolo di sfociare nel ridicolo. Eppure per Henrik Sørensen, pittore norvegese e autore del maestoso “The Dream of Peace”, era un rischio che valeva la pena correre.

Autore e opera sono necessariamente legati l’uno all’altro, allora per poter capire la tela occorre fare un passo indietro e provare a conoscere meglio Henrik Sørensen. Nato nel 1882 a Fryksände (Svezia) da genitore norvegesi, ha vissuto la tensione e la rottura del Regno di Svezia-Norvegia. L’intreccio di culture e lingue nella regione di confine del Värmland ha lasciato un’eredità importante nella coscienza di Sørensen, che proprio a quella separazione faceva spesso riferimento sostenendo la necessità di cooperazione per la pace.

Sin da giovane appassionato di cultura scandinava, la morte è spesso protagonista dei suoi dipinti. Conosce la pittura di Edward Munch e ne viene influenzato, successivamente durante un soggiorno parigino lavora nello studio di Matisse.

Lo scoppiare della Prima Guerra mondiale ha un grosso impatto sull’artista, da quel momento in avanti le atrocità dello scontro, la violenza e l’insensatezza dell’attività bellica saranno al centro della sua produzione artistica. Proprio di quegli anni è “Ground of honor”, i cui protagonisti sono soldati che non solo condividono le sofferenze del fronte, ma che indossano tutti la stessa uniforme. L’assurdità è raccontata da quei compagni costretti a cercare la morte reciproca.

La sua arte si arricchisce di esperienze e suggestioni: dall’espressionismo di Van Gogh alle atmosfere rarefatte dei paesaggi scandinavi, dalle influenze moderniste al viaggio nell’esotico Egitto. Nonostante le sperimentazioni e la varietà della produzione artistica, restano però pace e guerra al centro del suo interesse. L’arte per Sørensen non può essere fine a sé stessa, quindi l’artista non si esprime solo all’interno di studi e gallerie, ma finisce con l’imporsi anche nell’ambiente culturale norvegese. Frequenta politici, scrive articoli, è un personaggio scomodo e crede nella necessità di attiva partecipazione nel costruire la pace.

Paradossalmente (o forse anche no), “The Dream of Peace” vede la luce nel 1939: tra la crisi della Lega delle Nazioni e l’invasione della Polonia, Sørensen viaggia per tre settimane in treno e assiste alla messa in posa del dipinto a Ginevra.

È un’opera imponente che attira tutta l’attenzione del passante che, spesso ignaro, ci si trova di fronte. Colpiscono i colori forti così come il contrasto con il nero, le linee sinuose dei corpi e quelle dure della piramide. C’è l’umanità intera.

Partendo dal basso si scoprono uomini nella miseria, sofferenti e disperati. Alcuni sono vestiti, mentre altri affrontano l’angoscia nella loro nudità. Sulla sinistra è inginocchiato un bimbo abbandonato, quasi a specchio invece sulla destra c’è un uomo vinto dai gas tossici nonostante la maschera.

Nel movimento di corpi contorti dalla sofferenza risalta la figura maschile centrale: sta nel dolore ma sembra trovarsi in un’altra dimensione, con lo sguardo fisso e le braccia aperte come in preghiera.

Sul fondo, una struttura piramidale fa da scheletro a tutto il dipinto ed è proprio nella salita verso la punta che gli uomini sembrano finalmente trovare pace. Grazie alla conoscenza si può trovare un mondo di luce eterna in cui l’intera umanità – rappresentata da quattro donne provenienti dai quattro angoli della Terra con i rispettivi figli – possa godere del sollievo, della giustizia e della pace.

Raccontandosi, Sørensen non nascondeva di aver avuto dubbi sul proprio lavoro allo scoppiare del secondo conflitto mondiale, ma era anche convinto che quella intrapresa fosse l’unica via possibile.

Un luogo di meditazione e silenzio, proprio a Ginevra e al Palais des Nations: travolgente e potente, perché la strada per costruire la pace sia sempre cercata.