Special Rapporteur sulla tortura

Il 5 marzo 2012, nell’ambito del Consiglio dei Diritti Umani , si è svolto un dialogo interattivo sulla tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Al centro della discussione sono stati gli episodi  di violenza subiti negli ultimi anni da difensori dei diritti umani, ed in particolare giornalisti, spesso per mano degli Stati, nel tentativo oltraggioso di mettere a tacere le loro denunce circa le violazioni dei diritti umani.

Il signor Mendes, Special Rapporteur sulla tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti, ha evidenziato, oltre alla responsabilità delle istituzioni statali, anche il ruolo indispensabile svolto da altri attori della società civile per favorire la comprensione del contesto in cui avvengono le violazioni dei diritti umani. Egli ha dichiarato che tale coinvolgimento dà impulso all’attuazione e all’agevolazione delle indagini nei regimi che sono maggiormente scenario di episodi di tortura, aggiungendo che la vicinanza alla popolazione in questione accresce la credibilità delle informazioni riportate. Dopo aver ribadito che gli Stati devono adempiere ai loro obblighi e chiedere l’assistenza internazionale qualora manchino le risorse o le competenze necessarie, egli ha suggerito l’istituzione di una commissione internazionale d’inchiesta che intervenga qualora gli Stati da soli non riescano a rompere il ciclo di impunità e per garantire interventi efficaci di prevenzione.
Margaret Sekaggya, Special Rapporteur  sulla situazione dei difensori dei diritti umani, si è concentrata sui gruppi che sono particolarmente a rischio a causa della natura del loro lavoro e del contesto in cui operano: vale a dire, giornalisti, ambientalisti e difensori dei diritti dei giovani, che costituiscono  un quarto di tutti i casi di diritti umani dal 2006 al 2011. Ha dichiarato di essere “inorridita” dal numero di vittime  che hanno pagato con la loro stessa vita e dei numerosi altri sottoposti ad aggressioni fisiche, torture, arresti arbitrari, sparizioni forzate, lavoro forzato e uso eccessivo della forza, solitamente durante periodi di disordine civile. Una sua preoccupazione era anche l’erronea percezione dei giovani generata dai media: considerati  come provocatori piuttosto che attori seri,i giovani sono infatti esclusi dalle assemblee pubbliche. Per concludere, Margaret Sekaggya ha affermato di essere molto preoccupata che il quadro giuridico sia male utilizzato al fine di criminalizzare il lavoro dei difensori dei diritti umani, soprattutto quando lo Stato stesso è l’autore degli abusi.