Osservare il mondo attraverso gli occhi dei giovani

 

Intervista con Simon Pierre Escudero,
fondatore dell’associazione “Terra dei giovani”
in El Salvador

L’Ufficio dei Diritti Umani IIMA ha condotto un intervista con Simon Pierre Escudero, fondatore dell’associazione “Terra dei giovani” in El Salvador. Il 22 settembre il signor Escudero ha partecipato al panel dedicato ai giovani e ai diritti umani durante la 33°Sessione del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra. L’Associazione Terra dei Giovani è stata fondata nel febbraio 2014 per proteggere i diritti dei bambini di strada e i giovani tra i quattro e i venticinque anni nello stato dell’El Salvador. In questo paese l’attività delle gang sono molte persuasive e i bambini di strada spesso sono vittime dei reclutamenti da parte di questi gruppi. Per risolvere il problema delle violenze che colpiscono la popolazione, Terra dei Giovani lavora per portare dinanzi le istituzioni governative e internazionali, le preoccupazioni di questi bambini. L’associazione inoltre crea un collegamento tra questa fascia della popolazione e gli enti che si occupano di assistenza medica, sociale e amministrativa, ma più di qualsiasi altra cosa offre un servizio d’ ascolto a chi ne ha bisogno. Come ex stagista dell’Ufficio dei Diritti Umani e come ragazzo di 25 anni, abbiamo chiesto al signor Escudero di condividere la sua storia personale e come sia riuscito a creare l’associazione Terra dei Giovani.

IIMA: Con poche parole, come descriveresti il lavoro di Terra dei Giovani??

Simon-Pierre Escudero: L’obiettivo della nostra associazione è chiaro: non solo dare protezione, ma anche promuovere i diritti dei bambini che lavorano e vivono per strada, rappresentando i loro diritti di fronte ai governi e alle Nazioni Unite. Come associazione vogliamo dar loro una voce e cercare di cambiare la società in cui vivono, attraverso gli strumenti che le Nazioni Unite hanno a disposizione. Io lavoro come educatore e, con gli strumenti che ho a disposizione, posso cambiare solo la vita di uno di questi bambini. Volete sapere come mai vivono per strada? Ci sono interessi molto grandi dietro questo fenomeno e credo che tutto ciò possa essere risolto a livello di Nazioni Unite.

IIMA: Come hai avuto l’idea di creare “Terra di Giovani” e perché hai pensato a questo nome? 

SPE: Per prima cosa l’idea dei bambini di strada ha colpito la mia attenzione per due motivi. Primo perché mio padre è stato un bambino di strada in Francia. Secondo perché tutto ciò si ricollega alle mie radici: sono francese, nonostante abbia un cognome spagnolo e si ipotizza anzi che mio nonno o il mio bisnonno vennero in Francia durante la Guerra civile in Spagna. Posso dire di essere un mix tra “una famiglia separata a causa dell’immigrazione e una famiglia unita invece nel paese in cui si è stabilizzata”. Mia madre è una donna che viene dalla aree rurali e mio padre invece è un uomo che ha vissuto in una grande città: ho ricevuto da entrambi un educazione molto ampia, con cui mi hanno fatto capire l’importanza delle proprie radici ma nello stesso tempo mi hanno fatto riflettere sulle cause e conseguenze dei problemi che oggi ci sono nel mondo. Il cognome spagnolo (Escudero) mi ha spinto a viaggiare in Spagna e in America Latina, luogo quest’ultimo che mi ha affascinato molto.

Successivamente dopo aver finito la scuola, sono diventato un volontario, dato che non volevo andare all’università senza avere una concreta motivazione: cosi ho trovato una grande opportunità per fare volontariato grazie ad un progetto promosso e finanziato dallo stato il quale, devo ammettere, è stata un incredibile esperienza. Per sei mesi ho lavorato in un’associazione che si occupava della prevenzione dei crimini nei quartieri malfamati, dove si affrontavano varie problematiche come violenze, alti tassi di immigrazione e bambini coinvolti nelle faide. Dopo queste esperienza sono stato quattro mesi in America Latina, osservando la realtà dei bambini che vivono per strada e la vita difficile delle popolazioni indigene. Questa esperienza è stata straordinaria perché stando a contatto soprattutto con le popolazioni indigene, ho capito l’importanza dei valori, delle radici e delle famiglia che mia madre mi aveva insegnato fin da piccolo ma ho scoperto anche la libertà dei bambini di strada, ideale di cui mio padre mi aveva tanto parlato.

Quando tornai da quest’esperienza, l’organizzazione per cui io avevo lavorato come volontario mi chiese di entrare a far parte dell’ufficio come educatore. Nel tempo capii che questo tipo di lavoro non era fatto per me, perché un educatore ha il compito di risolvere problemi di tutti i giorni con urgenza e non ha il tempo di pensare a come rimediare alle problematiche della vita di un singolo bambino. Allora iniziai i miei studi all’università in Sociologia, concentrando la mia attenzione proprio sulla tematica dei bambini di strada e, dato che dovevo fare uno stage per completare il mio percorso universitario, viaggiai quattro o cinque anni di nuovo in America Latina, nello specifico in El Salvador. Quando tornai in questo paese nel 2012, rimasi sorpreso che le organizzazioni non governative che incontrai durante la mia prima visita nel 2009 non lavoravano più con bambini di strada: in teoria sostenevano di essere al servizio dei bambini di strada ma nessuno in pratica faceva qualcosa di concreto. In quel momento decisi allora di andare a vivere direttamente con i bambini in strada per capire cosa significava vivere in quelle condizioni disagiate. Dopo questo periodo tornai a casa, ma quando rientrai per la seconda volta, ritrovai alcuni bambini che vivevano nelle stesse condizioni e altri che erano morti. Un giorno un ragazzo che si era molto affezionato a me (dato che aveva la mia stessa età) mi disse: “Voglio smettere di bere, ma non so se tu puoi aiutarmi”. In effetti non potevo aiutarlo perché non avevo un luogo, un punto di riferimento dove portarlo per curarsi o comunque non ne conoscevo uno. Inizia allora a cercare enti o istituti che si occupavano di queste problematiche e, finalmente, ne trovai uno: ho lavorato un po’ di tempo per questa associazione dove, tra l’altro, mi pregavano ogni giorno di creare un organizzazione per aiutare questi ragazzi…e così decisi di aprirne una!

Come pensai al nome “Terra dei Giovani”? Era il titolo che avevo scelto per un blog che creai nel 2009, che aveva come obiettivo quello di mostrare come veniva visto il mondo con gli occhi di un giovane: ecco perché quando nacque l’associazione, decisi di riutilizzare questo nome.

“L’idea alla base della creazione di
Terra dei Giovani, è il voler vedere il mondo
attraverso gli occhi dei giovani”

Simon-Pierre Escudero

IIMA: Hai menzionato IIMA, l’Ufficio dei Diritti Umani nel discorso che hai fatto al panel. Qual è il tuo rapporto con l’ufficio?

SPE: Durante i miei studi universitari, realizzai che mi piaceva molto lavorare sul campo. In questo periodo ero impegnato con i salesiani -ero vice-presidente del movimento dei giovani salesiani – e sono stato anche a scuola da loro. Inizialmente volevo fare la mia prima esperienza di volontariato con VIDES, ma fu impossibile perché avevo già un progetto ben specifico in mente. Un giorno sono venuto a conoscenza del lavoro che sr. MariaGrazia, l’attuale responsabile dell’ufficio, faceva qui a Ginevra a stretto contatto con le Nazioni Unite. Le Nazioni Unite erano per me un mondo così lontano e sconosciuto, ma decisi comunque di contattare sr MariaGrazia per chiederle se fosse possibile effettuare uno stage. Alla fine devo ammettere che è stata una esperienza meravigliosa e che mi ha permesso di capire meglio il sistema che regola lo stesso lavoro dei vari uffici e organizzazioni legate alle Nazioni Unite. Posso concludere dicendo che è stato anche grazie a quest’esperienza, se oggi la mia associazione lavora e agisce attraverso il linguaggio dei diritti umani.

 

IIMA: Grazie mille signor Escudero. Le auguriamo il meglio per il suo lavoro.