Il 10° anniversario della Responsabilità di Proteggere (Responsibility to Protect – R2P) e l’importanza della prevenzione

Il 19 novembre
2015 abbiamo assistito alla conferenza dal titolo “10th Anniversary of the responsibility to Protect – A Focus on Prevention“,
organizzata dal Responsibility to Protect (R2P) Core
Group di Ginevra e le
Missioni Permanenti di Australia, Ghana, Ungheria, Nigeria, Rwanda e Uruguay
nell’ambito della Geneva Peace Week 2015 a Palais de Nations.
I referenti erano
Jennifer Welsh, Consigliere
Speciale del Segretario Generale UN sulla Responsabilità di Proteggere,
Volker Türk, Assistente dell’Alto Commissario per la Protezione, Ufficio dell’Alto
Commissario UN per i rifugiati
, Davide Rodogno, Professore di Storia Internazionale al
Graduate Institute di Ginevra
, Elisabeth Decrey Warner, Presidente Esecutivo, Geneva Call. La
discussione è stata moderata da Simon
Adams, Direttore Esecutivo, Global
Centre for the Responsibility to Protect (R2P)
.
Michael Møller, Direttore Generale, Ufficio UN a Ginevra, ha introdotto la conferenza richiamando la
nascita della Responsibility to
Protect (R2P)
come documento finale del UN World Summit 2005 contenente tre
pilastri fondamentali: 1) la responsabilità di ogni stato di proteggere la sua
popolazione da genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e pulizia
etnica; 2) la responsabilità della comunità internazionale di incoraggiare e
assistere gli stati nel compimento dei loro doveri e 3) di agire collettivamente
in modo veloce e decisivo, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, se lo
stato non protegge la sua popolazione.

Møller ha anche sottolineato l’importanza di
Ginevra come luogo chiave per promuovere la responsibility to protect
giacché qui gli attori sia politici che della società civile lavorano
incentrati sui diritti umani. Inoltre, il referente ha ribadito il ruolo
centrale della prevenzione all’interno della responsibility to protect invitando il Consiglio dei Diritti Umani
a sviluppare meccanismi di allerta adeguati così come nuovi strumenti per
rispondere velocemente alle atrocità in corso.
Il Segretario
Generale UN Ban Ki-moon ha
rilasciato un video messaggio spiegando come nonostante il lancio della R2P abbia
creato tanta speranza e portato ad alcune azioni, persistano tanta violenza e
impunità irrisolte dalla comunità internazionale. Il Segretario Generale ha
parlato anche della necessità di una forte volontà politica e ha ribadito, come
Møller, il ruolo
centrale che Ginevra deve svolgere in questo processo di promozione della responsibility to protect.

Jennifer Welsh ha aperto il dibattito spiegando che la R2P chiama ad una
responsabilità collettiva: gli stati hanno il dovere primario di proteggere, ma
la comunità internazionale deve supportare le loro azioni e creare un consenso
generale sull’importanza di investire nella prevenzione e nella
non-ripetizione, assicurando che giustizia sia fatta sempre. Gli stati, ha
sottolineato, dovrebbero utilizzare il quadro UN di analisi delle atrocità per
identificare fattori di rischio e considerare l’EPU (Esame Periodico
Universale) come un’opportunità per discutere I risultati delle analisi
effettuate.
Volker Türk ha
affermato che le crisi attuali sono una conseguenza di crimini non risolti e ha
ribadito la necessità di concentrarsi su aspetti preventivi guardando ad ogni
singolo contesto specifico in modo da poter eradicare le principali cause di
possibili crimini futuri.
Davide Rodogno
ha posto l’attenzione sui cattivi risultati delle passate intervenzioni
umanitarie dell´UN sottolineando che nessuna lezione positiva è stata appresa
dal passato. Inoltre, ha enfatizzato la necessità di interventi veloci ed
anticipati per prevenire l´aggravarsi di crimini e un aumento dei costi
d’intervento sottolineando che le Nazioni Unite possiedono già i meccanismi e
l’expertise per agire preventivamente in modo efficace.
Elisabeth
Decrey Warner ha concentrato il suo discorso sul ruolo degli attori non statali
nella prevenzione dei conflitti. Gli attori non statali sono spesso considerati
come colpevoli, ha spiegato, ma possono giocare un ruolo importante nel
proteggere la società civile e promuovere la pace. Occupando spesso parti di
territorio, questi attori ne controllano anche le popolazioni. Quindi, se
vengono formati adeguatamente, possono essere impegnati nel rispetto e la
promozione del diritto umanitario internazionale. Ms. Warner ha inoltre parlato
dell’educazione come mezzo di prevenzione in cui gli stati dovrebbero investire.
Il primo giro
di interventi si è concluso con un messaggio video dell’Alto Commissario per I
Diritti Umani, Zeid
Ra’ad Al-Hussein. L’Alto Commissario si è
rammaricato per le innumerevoli violazioni nel campo dei diritti umani
perpetrate da attori statali e non che non vengono puniti. I civili non vengono
protetti, ha detto, perché l’azione della comunità internazionale è troppo
debole.  Quindi, ha chiamato ad azioni
preventive come nucleo della responsibility
to protect
, perché agire dopo o durante un conflitto è più difficile e
richiede un maggiore compromesso a livello politico. Inoltre, ha ribadito che
il suo ufficio ed altri organi dei trattati UN forniscono già informazioni sui
fattori di rischio per prevenire crimini atroci.

Durante il dialogo interattivo diversi stati
sono intervenuti condividendo le loro esperienze nel prevenire e affrontare i
conflitti riaffermando nuovamente il ruolo centrale di Ginevra, del Consiglio
per i Diritti Umani e di altri organi dei trattati UN nel promuovere misure
preventive e creare adeguati meccanismi di risposta. Alcuni stati hanno anche
parlato dello sviluppo di programmi di capacity-building supportati dalla
comunità internazionale e dell’implementazione dei nuovi Obiettivi di Sviluppo
Sostenibili (SDGs) come azioni fondamentali di prevenzione. Inoltre, è stato
ribadito il dovere della comunità internazionale di esaurire tutti i mezzi
pacifici a sua disposizione prima di usare la forza e di concentrarsi sempre
sul bene dei civili nelle sue azioni.

Durante le osservazioni finali i referenti hanno
riconosciuto il ruolo fondamentale che la società civile può e deve svolgere in
collaborazione con gli stati nel promuovere una responsibility to protect, sia nazionale che collettiva. In più, è
stato sottolineato che 10 anni di R2P non sono molti: siamo ancora all’inizio
del processo, quindi dobbiamo continuare a lavorare coinvolgendo nuovi attori,
affrontando problemi nuovi e vecchi, promovendo la responsibility to protect all’interno del sistema delle Nazioni
Unite, negli stati e fra la società civile come un fondamentale compito
generazionale.